Il fondamento di qualsiasi società è il modo in cui i suoi membri sono organizzati per la produzione e la distribuzione della ricchezza. Se solo un gruppo della società controlla l’uso dei mezzi di produzione, vi è una società di classe. Un altro modo di esprimere la stessa idea è che i membri di questo gruppo o classe possiedono i mezzi di produzione, dal momento che poter controllare l’uso di qualcosa è come possederlo, con o senza dei titoli di proprietà legali.
Ne consegue che una società senza classi è una società in cui l’uso dei mezzi di produzione viene controllato da tutti i membri della società su una base equa, e non solamente da un solo gruppo con l’esclusione di tutti gli altri. James Burnham esprime bene questa idea nel suo libro La rivoluzione manageriale:
“Una società ‘senza classi’ vuol dire che all’interno della società non c’è nessun gruppo (ad eccezione, forse, di provvisori gruppi delegati liberamente eletti dalla comunità e soggetti sempre al richiamo) che eserciti, come gruppo, qualsiasi controllo speciale sull’accesso agli strumenti di produzione; e nessun gruppo che riceva, come gruppo, trattamento preferenziale nella distribuzione.”
In una società senza classi ogni membro può contribuire, a parità di condizioni con ogni altro membro, a decidere come i mezzi di produzione devono essere usati. Ogni membro della società è socialmente uguale e sta esattamente nella stessa relazione di ogni altro membro riguardo ai mezzi di produzione. Similmente, ogni membro della società ha accesso ai frutti della produzione su base uguale.
Non appena l’uso dei mezzi di produzione viene messo sotto il controllo democratico di tutti i membri della società, la proprietà di classe è abolita. In queste circostanze si può sempre dire che i mezzi di produzione appartengono a coloro i quali li controllano e ne approfittano, ma in questo caso si tratta dell’intera popolazione organizzata su base democratica, e si può dire perciò che i mezzi di produzione sono “comunemente posseduti” da tutti. La proprietà comune è stata definita come:
“Uno stato delle cose in cui nessuna persona viene esclusa dalla possibilità di controllare, usare e gestire i mezzi di produzione, distribuzione e consumazione. Ogni membro della società può acquisire la capacità, vale a dire l’opportunità di realizzare una varietà di scopi, per esempio, di consumare ciò che vuole, di usare i mezzi di produzione per i fini di lavoro socialmente necessari o non necessari, di amministrare la produzione e la distribuzione, di pianificare le risorse, e di prendere delle decisioni su scopi collettivi di breve termine e di lungo termine. La proprietà comune, quindi, riguarda ogni potenziale abilità dell’individuo di beneficiare della ricchezza della società e di partecipare al suo funzionamento” (Jean-Claude Bragard, Un’indagine sul concetto del comunismo di Marx).
Tuttavia, la parola “proprietà” può essere ingannevole poiché non porta alla luce completamente il fatto che il trasferimento a ogni membro della società del potere di controllare la produzione della ricchezza rende superfluo il concetto stesso di “proprietà”. Con la proprietà comune nessuno è escluso dalla possibilità di controllare o beneficiare dall’uso dei mezzi di produzione, cosicché il concetto di proprietà nel senso di possesso esclusivo non ha senso: nessuno è escluso, non c’è nessun non-proprietario.
Potremmo inventare qualche nuovo termine come “niente-proprietà” e dire che la società senza classi che prenderà il posto del capitalismo è una società di “niente-proprietà”, ma la stessa idea può essere espressa in modo diverso se la proprietà comune è intesa come un rapporto sociale e non come una forma di padronanza proprietaria. Questo rapporto sociale – uguaglianza fra gli esseri umani riguardo al controllo dell’uso dei mezzi di produzione – può ugualmente e correttamente essere descritto dai termini “società senza classi” e “controllo democratico” come da “proprietà comune” dal momento che questi tre termini sono differenti solo per il modo in cui lo descrivono da differenti punti di vista. L’uso del termine “proprietà comune” per fare riferimento al rapporto sociale basilare della società alternativa al capitalismo non significa in nessun senso perciò che la proprietà comune dei mezzi di produzione potrebbe esistere senza il controllo democratico.
Quando ci riferiamo a una società basata sulla proprietà comune, generalmente usiamo il termine “socialismo”, anche se non abbiamo niente da obiettare a quelli che usano il termine “comunismo”, dato che per noi questi termini significano esattamente la stessa cosa e sono interscambiabili.
Contro la proprietà statale
La proprietà comune non deve essere confusa con la proprietà statale, dato che un organo di coercizione, o uno stato, non può esistere nel socialismo. Una società di classe è una società con uno stato perché il controllo di un gruppo sui mezzi di produzione e l’esclusione del resto della popolazione non possono essere imposti senza coercizione, e perciò senza uno speciale organo per esercitare questa coercizione. D’altro canto, una società senza classi è una società senza stato perché tale organo di coercizione smette di essere necessario appena tutti i membri della società stanno nello stesso rapporto riguardo al controllo dell’uso dei mezzi di produzione. L’esistenza dello stato come strumento di controllo e di coercizione da parte della classe politica è del tutto incompatibile con l’esistenza del rapporto sociale della proprietà comune. La proprietà statale è una forma di padronanza proprietaria esclusiva la quale implica un rapporto sociale che è totalmente differente dal socialismo.
La proprietà comune è un rapporto sociale di uguaglianza e democrazia che rende superfluo il concetto di proprietà perché non ci sono più dei non-proprietari esclusi. La proprietà statale, invece, presuppone l’esistenza di una macchina governativa, un sistema legale, forze armate e altre caratteristiche di un organo di coercizione istituzionalizzato. I mezzi di produzione posseduti dallo stato fanno parte di un’istituzione che si oppone ai membri della società, che li costringe e li domina, sia come individui che come collettività. Sotto la proprietà statale la risposta alla domanda “chi possiede i mezzi di produzione?” non è “tutti” o “nessuno” come con la proprietà comune; la risposta è “lo stato”. In altre parole, quando uno stato possiede i mezzi di produzione, i membri della società restano non-proprietari, esclusi dal controllo. Sia legalmente che socialmente, i mezzi di produzione non appartengono a loro, ma allo stato, che si mantiene come un potere indipendente separandoli dai mezzi di produzione.
Lo stato non è un’astrazione che esiste independentemente dalla società e dai suoi membri; è un’istituzione sociale, e, come tale, un gruppo di esseri umani, una parte della società, organizzata in un particolare modo. Ecco perché lo stato si oppone agli interessi della maggior parte dei membri della società ed esclude la maggior parte di loro dal controllo dei mezzi di produzione. Dovunque c’è uno stato, c’è sempre un piccolo gruppo di esseri umani che stanno in rapporti differenti con esso rispetto alla maggior parte dei membri della società: non come dominati, né come esclusi, ma come dominatori e vietatori. Sotto la proprietà statale, questo gruppo controlla l’uso dei mezzi di produzione escludendo gli altri membri della società. In questo senso, questo gruppo possiede i mezzi di produzione, sia quando ciò è riconosciuto formalmente e legalmente sia quando non lo è.
Un’altra ragione per cui proprietà statale e socialismo sono incompatibili è che lo stato è una istituzione nazionale che esercita controllo politico su una limitata area geografica. Dato che il capitalismo è un sistema mondiale, la proprietà statale dei mezzi di produzione all’interno di una determinata area politica non può rappresentare l’abolizione del capitalismo, neanche in quell’area. Ciò significa l’istituzione di qualche forma di capitalismo di stato il cui modo di funzionamento è condizionato dal fatto che deve competere in un contesto di mercato mondiale contro altri capitali.
Dal momento che oggi il capitalismo è a livello mondiale, la società che sostituisca il capitalismo può solamente essere a livello mondiale. L’unico possibile socialismo oggi è il socialismo mondiale. Il socialismo, come il capitalismo, non può esistere in un solo paese. Perciò la proprietà comune nel socialismo è la proprietà comune del mondo, delle sue risorse naturali e industriali, a disposizione della società nel suo complesso. Il socialismo può solamente essere una società universale in cui tutto quello che è sopra la Terra è diventato l’eredità comune di tutta l’umanità, e in cui la divisione del mondo in stati ha ceduto il passo a un mondo senza frontiere con un’amministrazione democratica mondiale e anche democrazie locali e regionali.
(Traduzione da The Socialist Standard, aprile 2005)